William S. Burroughs: quattro passi nell' Interzona ( tratto da www.fantascienza.com).
“Unico erede maschio della Burroughs Machine Corps St. Louis Missouri. Laureato a Harvard Beta Kappa 37 con ricerche postlaurea in antropologia e psicologia alla Columbia. Per gli ultimi quindici anni sono stato noto come tossicodipendente e omosessuale” 1.
È questa la descrizione che fece di sé William Seward Burroughs, el hombre invisible com’era chiamato a Tangeri, a un redattore della Chicago Review che gli chiedeva una sua biografia spicciola. All’epoca, sul finire degli anni Cinquanta, Burroughs aveva all’attivo un solo libro pubblicato nel 1953 sotto lo pseudonimo di William Lee, Junkie, e si barcamenava tra gli eccessi che per trent’anni costituirono i pilastri fondanti del suo stile di vita, in cui i rapporti tra gli uomini rimpiazzano quelli eterosessuali “perché nel sesso omosessuale vi è una relazione con la morte, una relazione che, è ovvio, omette l’intermedio stadio riproduttivo della nascita”, dove le droghe sostituiscono il cibo perché “la droga è un mezzo di annientamento personale in un mondo rivolto all’annientamento delle persone” 2. La sua esistenza si svolse per intero nel segno di un costante senso di insofferenza per il controllo, in qualsiasi forma potesse manifestarsi. Una innata sete di avventura, di eroismo e vitalità lo portò giovanissimo a percorrere le strade del cuore dell’America, correndo in macchina e sparando alla cieca su allevamenti di polli. La violenza e una spiccata attitudine all’anticonformismo lo accompagnarono fino agli ultimi anni, quando decise di ritirarsi in un isolamento quasi mistico e probabilmente catartico proprio nella terra che gli aveva dato i natali, il cuore profondo dell’America, dalla cui attrazione gravitazionale aveva tentato per tutta la vita di sottrarsi girovagando per il mondo, da una sponda all’altra dell’Atlantico.
Nelle pagine che seguono cercheremo di tracciare una mappa nell’esistenza di Burroughs, un territorio quanto mai accidentato, una terra poco accogliente appena sfiorata dalla linea di confine dell’impero della letteratura: una sorta di enclave aliena che ha nutrito e continua ad accogliere intere schiere di dissidenti, rivoluzionari ed espatriati di professione. Lo faremo prendendo in considerazione il suo testo fondamentale (prototipo dell’anti-romanzo), ovvero il Pasto Nudo (1959), e la successiva Trilogia Nova, composta in sequenza da La morbida macchina (1961), Il biglietto che è esploso (1962) e Nova Express (1964), proseguimento e conclusione di un discorso dedicato all’Algebra del Bisogno. Occorre forse ricordare che questo percorso non esaurisce la molteplicità di scorci e visioni che donano all’opera di Burroughs un’aura quasi metafisica. Quello che segue, quindi, non è molto di più di un viaggio turistico guidato nei gironi dell’inferno. L’essenza vi resterà sconosciuta e allo stesso tempo incomprensibile se non dopo esservi immersi nelle pagine dense di orrore, paura, disagio, che tracciano la geometria esistenziale di questo grande interprete dell’inquietudine postmoderna.
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